La presentazione di Maria al tempio di Lorenzo da Viterbo. Lunetta sinistra della cappella Mazzatosta.



Madonna con bambino affrescata sulla parete destra del transetto di destra.



Pietra tombale sul pavimento della navata principale.



Resti di affresco sulla parete destra del transetto di sinistra.



Il convento di Santa Maria della Verità fu fondata nel XII secolo dai monaci Premostratensi per passare poi ai frati francescani dell'ordine dei Serviti.
I lavori maggiori che trasformarono la modesta chiesa premostratense nell'attuale chiesa si ebbero nel corso del XV secolo.
I frati tennero il complesso fino al 1872 anno in cui, per effetto della soppressione degli ordini monastici, passò di proprietà del comune.
Il comune di Viterbo destinò la chiesa a museo civico mentre il convento con lo splendido chiostro furono destinati ad ospitare l'istituto tecnico Paolo Savi. La chiesa, oggi riaperta al culto ha una pianta a croce latina, l'incrocio tra la navata principale e quella trasversale è coperta da volte con archi a sesto acuto, il resto della chiesa ha la copertura a tetto. Lungo le pareti sia a destra che a sinistra numerosi altari in vari stili. Il nome di Santa Maria della Verità, dato al complesso, non trova una spiegazione storica. Una tradizione orale, d'altra parte sconfessata da ricerche storiche , narra comunque che nel 1446 tre fanciulli, chiamati dal cronista mammilini, entrano nella chiesa e vedono la Madonna, descritta dai medesimi come una bellissima signora che li intrattiene amorevolmente. Essi tornano nella chiesa alcuni giorni dopo e vedono la madonna tutta vestita di bianco, presso l'altare a Lei dedicato; ai suoi piedi un uomo prostrato che si flaggella e chiede perdono. I ragazzi corrono in città e narrano l'accaduto, la gente accorre e pur non vedendo nulla grida al miracolo. Interviene il vescovo che fa chiamare i ragazzi e nell'intento di appurare i fatti li minaccia, alcuni dicono che li abbia addirittura fatti frustare, ma essi rimangono fermi sulle loro posizioni continuando a ripetere: "verità, verità..." e appunto con il nome della Verità fu chiamata da allora la chiesa.
Come tutte le chiese più antiche di Viterbo, anche la chiesa della Verità fu teatro di fatti importanti per la città. Tra essi viene ricordato un episodio: Nel 1419, all'interno delle guerre tra signori per il dominio del territorio, essendo venuto meno l'utorità pontificia, stava aumentando di importanza l'autorità di Tartaglia di Lavello, signore di Toscanella, che, insieme a Braccio di Montone aveva inferto numerose sconfitte ad Attendolo Sforza, chiamato dai Viterbesi in aiuto della città. Nel corso di qeste scaramucce Braccio da Montone aveva fatto numerosi prigionieri che aveva rinchiusi sull'isola Martana del vicino lago di Bolsena. Lo Sforza che tra quei prigionieri aveva alcuni dei suoi capitani più valorosi decise di liberarli. In segreto, all'interno del convento della Verità, con l'aiuto dei frati, allestì una priccola flotta costituita da zattere e piccole imbarcazioni servendosi per la loro costruzione di botti. Trasportate le medesime nei presso del lagovi, vi fece salire di notte un manipolo di soldati che, sbarcati sull'isola liberarono i prigionieri e li ricondussero a Viterbo.
L'intero complesso subì un pesante bombardamento durante l'ultima guerra. Ricostruito fu riaperto come museo nel 1955 ( i soli locali del convento), nel 1961 riaprì anche la chiesa che tornò al culto come parrocchia di Santa Maria della Verità.

LA CAPPELLA MAZZATOSTA
Un discorso a se stante merita la cappella Mazatosta che si apre sulla parete destra della navata principale della chiesa.
La cappella è chiusa da una cancellata in ferro originale del 400; pure originale è parte del pavimento alcune maioliche del quale si trovano a Londra al Victoria and Albert Museum . Notevole il ciclo di affreschi della cappella, dovuti al pittore Lorenzo da Viterbo, splendido quello sulla parete di sinistra raffigurante il matrimonio della Vergine . I pregevolissimi affreschi, per valore pittorico vengono avvicinati a Giotto, furono eseguiti dal pittore Lorenzo da Viterbo, artista morto giovanissimo all'età di 25 anni e del quale si conosce un'altra opera soltanto.
Gli affreschi furono letteralmente sbriciolati dai bombardamenti dell'ultima guerra e quello che oggi si può ammirare è il frutto di un prodigioso intervento di restauro che ricollocò al suo posto migliaia di frammenti della preziosa pittura.

 

(Alessandra Ambrosini)

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Opere consultate:
ANDREA SCRIATTOLI, Viterbo nei suoi monumenti, Stab. F.lli Capaccini, Roma, 1920.
MAURO GALEOTTI, L'illustrissima Città di Viterbo , Edizioni Studio Pubblicitario Viterbese S.r.l, Viterbo, 2002.